Una storia matematica – Capitolo tre

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

– È vero, basta risolvere l’equazione xy = 2x + 2y.
– Ti vedo sveglio. Quindi ti piacciono i giochi “a sfondo matematico”?
– Molto, ho anche partecipato alle Olimpiadi della Matematica.
– Allora ti propongo un quesito di “numerologia” e uno di “teoria dei numeri”…
– Ma come faccio a risolvere quello di numerologia?
– Vedrai che ce la fai… sarà finta numerologia.
– Proviamo, allora. – Andrea era un po’ spaventato, ma aveva capito che le sue passioni erano condivise anche da altre persone.
– Trovami l’unico numero di cinque cifre che gode della seguente proprietà: se gli metti un quattro davanti ottieni un numero che è esattamente quattro volte lo stesso numero con il quattro in fondo invece che all’inizio.
– E questo è quello di numerologia…
– Esatto! Per la teoria dei numeri devi dimostrarmi che per ogni numero primo maggiore di 4 vale la proprietà che [pmath]p^2 – 1[/pmath] è divisibile per 24.
– Certamente… però mi occorre una lavagna.
– Ehi, amico, piano con le richieste… diciamo che un foglio di carta sarà più che sufficiente. Andiamo in aula studio.
– Va bene, ma almeno prima mi dite come vi chiamate e se siete di matematica?
– Direi che questo almeno te lo sei meritato, ma prima dicci come ti chiami tu.
– Io sono Andrea e sono iscritto al primo anno di matematica.
– Devi sempre aggiungere informazioni inutili a quello che dici? Comunque io mi chiamo Luca e studio matematica, come te, ma al quarto anno, e questa non è un’informazione inutile perché non potevi saperlo. Loro sono Pietro e Carlo, del terzo anno di ingegneria.
– Ingegneria? Allora matematici e ingegneri non si odiano…
– Ma tu credi a tutto quello che dice il professore di analisi? Mi sa che ti credi già un po’ troppo “matematico”. Ti ricordo che sei al primo anno e hai ancora molte cose da imparare!
– Sì, forse hai ragione.
– Certo che ho ragione. – disse sorridendo – Ma andiamo in aula studio. Solo perché mi sei simpatico non vuol dire che ti risparmio le due dimostrazioni.
– Spero di riuscire a farle entrambe, tra venti minuti ho lezione.
– Che lezione hai?
– Geometria.
– Buona fortuna, allora. Comunque il fatto di riuscire o meno a fare le dimostrazioni dipende da te, a quanto sai essere preciso e conciso allo stesso tempo, anche se temo di no, vista la tua predilezione per le parole superflue.

Appena arrivati in aula studio i ragazzi si sedettero attorno ad un tavolo e Luca consegnò ad Andrea un foglio bianco.

Una storia matematica – Capitolo due

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Capitolo due

– Be’, mi sono segnato le quantità che ti ha detto. Se facciamo un diagrammino, – e disegnò un diagramma di Eulero-Venn – con i valori noti, vediamo che possiamo completarlo aggiungendo 2.601, 1.747 e 6.040. Guarda il disegno. Ora basta sommare tutti i numeri ed il gioco è fatto. Nella biblioteca ci sono 14.311 libri!

– È vero, non ci avevo pensato!
– Dai, è ora di andare, sono le nove… non vorrei sbagliarmi sul quarto d’ora accademico.
– Meglio non arrivare in ritardo, almeno il primo giorno. Avremo tempo di dormire domani e mercoledì, visto che iniziamo lezione alle 11.

I due tornarono davanti al Dipartimento. Giulia disse:

– Guarda, è arrivato qualcun altro.

In breve una piccola folla si era formata davanti all’entrata del Dipartimento di Matematica.
Per ultimo, alle nove e un quarto precise, arrivò il professore di analisi.

– Entrate pure, ragazzi, non siate timorosi.

Una volta in aula il professore iniziò la lezione.

– Buongiorno. Vi vedo molto numerosi… spero siate altrettanti l’ultima lezione.

Giulia sussurrò ad Andrea:

– Ma cosa sta dicendo? Perché dovremmo essere di meno? Dici che così tanti studenti rinunceranno a fare matematica?
– No, – rispose Andrea – non credo. Più che altro, visto che le lezioni non sono obbligatorie, molti studenti preferiranno rimanere a casa e studiare poi per conto loro.
– Dici davvero? Ma i professori non se la prendono se uno non va a lezione?
– Non credo più di tanto… in fondo li pagano lo stesso.

Il docente interruppe il discorso per riprendere i due che stavano chiacchierando:

– Ragazzi, almeno fate silenzio. Le lezioni non sono obbligatorie, quindi per venire e chiacchierare o leggere il giornale come fanno gli ingegneri statevene pure a casa vostra.
– Ci scusi, professore – disse Andrea.

L’insegnante continuò:

– Dove ero rimasto? Ah, sì. L’analisi. Vorrei fare una panoramica del corso, prima di iniziare a spiegare…

Il docente terminò la sua lezione, appoggiò il gesso sulla lavagna e salutò gli studenti.

– Arrivederci a domani, abbiamo lezione alle 11, non è vero?

Qualcuno dalla platea confermò e il professore finalmente lasciò l’aula.

– Ora ci dovrebbe essere lezione di geometria, o almeno dovrebbe essere alle 11. – disse Giulia.
– Credo che inizierà alle 11 e un quarto, quindi abbiamo mezz’ora di tempo.
– Già, ha anche finito un quarto d’ora prima.
– Mi sembra giusto, no? Ha fatto due ore da 45 minuti, che fanno un’ora e mezza, quindi i conti tornano.
– È vero, dovevo arrivarci: studio matematica! – e sorrise.
– Non è proprio la stessa cosa. Hai ascoltato quello che ha detto il professore di analisi? Non vedremo praticamente mai i numeri, ma più che altro studieremo in modo più profondo il perché delle cose… lasciamo i conti agli ingegneri!
– Vero. Quando uscirò di qui probabilmente dovrò chiedere aiuto per fare il conto della spesa!
– Non credo che arriveremo mai a tanto, dai… magari conosceremo un modo molto più veloce e comodo per calcolare la spesa senza dover impazzire con la calcolatrice…
– Credo che andrò a conoscere qualcun’altro nostro compagno di corso. Vieni anche tu?
– No, ho un leggero languorino. Ho visto una macchinetta del caffè nell’atrio, credo che conoscerò i nostri compagni più tardi.
– A dopo, allora.
– Ciao.

Andrea nel frattempo uscì dall’aula alla volta della macchinetta, trovando un gruppo di studenti che parlottavano. Uno di loro stava sorseggiando una bibita in lattina appena presa al distributore a fianco.

– Salve, ragazzi, anche voi di matematica?

I tipi si voltarono a guardare Andrea e non risposero.

– Sempre così simpatici? – e si avvicinò alla macchinetta del caffè.

Nel frattempo uno dei tizi si voltò verso Andrea:

– Hai dei problemi, matricola?
– Nessun problema. Potevate anche rispondere alla mia domanda.

Il ragazzo con la lattina si rivolse ad Andrea.

– Senti, saputello, ma voi di matematica siete tutti così?
– Così come?
– Una cerchia ristretta che si crede chissà chi…
– Io non credo niente, volevo solo fare conoscenza.
– A noi non interessa fare conoscenza con te, però…
– Beh, pazienza, non sai cosa ti perdi… – concluse Andrea peccando d’orgoglio.
– Senti, ragazzino, visto che sai tutto… facciamo che rispondi ad una domanda “a bruciapelo” – disse mimando le virgolette con le dita…
– Dimmi pure – rispose, senza dare a vedere troppo la sua agitazione.
– Allora, carissimo… sai qual è la differenza tra numerologia e teoria dei numeri?
– Più o meno la stessa che c’è tra astronomia e astrologia, – disse immediatamente, ma forse la numerologia è più interessante dell’astrologia: almeno non illude.
– Non male. E ora una domanda di cultura generale, che in un qualche modo riguarda anche la matematica. Perché il 17 porta sfortuna?
Andrea esitò un po’ dopo quella domanda, ma dopo qualche secondo, sicuro di sé, rispose:
– È una superstizione molto antica. In numeri romani il 17 si scrive XVII, anagramma di VIXI, cioè “vissi”, ovvero “sono morto”.
– Bravo ragazzo, non lo sapevo nemmeno io, e la tua risposta mi sembra molto ingegnosa, anche se non posso sapere se è quella giusta. Io ne conoscevo un’altra. Secondo i pitagorici il numero 17 portava sfortuna perché giaceva tra 16 e 18, gli unici due numeri interi che rappresentano aree di rettangoli a lati interi in cui il perimetro è uguale all’area.

Davvero?

Intervista a Edoardo Valori

di Cesco Reale

Uno dei più titolati campioni di Giochi Matematici a livello internazionale è un italiano, Edoardo Valori, di Sassari, ben noto agli addetti ai lavori: laureatosi in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso la prestigiosa Scuola Sant’Anna all’Università di Pisa, oggi vive e lavora in Germania a Düsseldorf, occupandosi di tecnologia GPS presso Intel. Lo abbiamo intervistato per provare a carpirgli qualche segreto sui suoi successi.

Edoardo, ci conosciamo dagli anni di Ingegneria a Pisa, ma la tua fama ti aveva preceduto grazie agli ottimi risultati alle Olimpiadi della Matematica. Come è stata quella avventura?

Tutto cominciò in una torrida mattina di dicembre 1997, quando la professoressa di matematica entrò in classe e chiese: “Chi è che vuole fare le olimpiadi della matematica?”.
Prima di allora per me la matematica era una materia come un’altra. Sì, era quella in cui andavo meglio, ma non pensavo che esistessero delle competizioni apposite sulla materia.
Rimasi anch’io sorpreso quando, dopo le gare provinciali e nazionali (dove arrivai sesto) e lo stage di selezione di Cortona, ricevetti la convocazione per le Olimpiadi di Matematica di Taiwan. E l’anno dopo a Bucarest (dopo un terzo posto alla gara nazionale). Tuttavia a livello internazionale la concorrenza era troppo forte, in entrambi i casi non riuscii a vincere nient’altro che… qualche partita a carte con i compagni di stanza.

Con tutto quello che i matematici dicono sugli ingegneri, come mai hai scelto Ingegneria e non Matematica?

Perché il matematico dimostra che la soluzione esiste, l’ingegnere la trova 🙂
Ad esempio, per i matematici i Giochi, rispetto alle Olimpiadi, hanno il pregio di essere aperti a tutte le fasce d’età, ma il difetto di basare la valutazione sul solo risultato numerico, senza tenere conto del procedimento.
Per me invece entrambe queste differenze sono pregi, perché fare i conti senza sbagliare è proprio uno dei miei punti di forza (e meno male, perché se un ingegnere sbaglia i conti son dolori).

Poi è iniziata l’avventura dei Giochi Matematici: tre vittorie a Parigi, in tre categorie diverse e da tre nazioni diverse: un record! Raccontaci i dettagli.

Furono proprio gli amici delle Olimpiadi, poi quasi tutti iscritti alla Normale, a farmi conoscere i Giochi nel 2000. E così arrivò il primo successo nel 2001 nella categoria L2. Poi nel 2002 e nel 2005 mi qualificai di nuovo per Parigi, dove partecipai in HC, ma lì ovviamente la concorrenza era più ostica e non riuscii a raggiungere il podio.
Poi, dopo un “rovinoso” settimo posto a Milano in GP nel 2007, un amico emigrato in Svizzera (di cui non posso fare il nome per  riservatezza) mi disse: “Perché non vieni a fare i Giochi in Svizzera?”. Nel 2008 feci quindi la semifinale a Zurigo e la finale a Losanna.
Così andai a Parigi direttamente dalla Germania, dove mi ero appena trasferito, ancora cittadino italiano, ma qualificato come concorrente svizzero. La vittoria del 2008 fu la più netta (20 punti contro i 15 del secondo), anche perché ero nella categoria GP, nella quale erano ammessi solo quelli che nei due anni precedenti non erano già andati a Parigi.
Nel 2011 andai in Belgio semplicemente perché era la sede più vicina a casa 🙂
Dopo aver vinto L2 e GP, il mio ultimo obiettivo era quello di partecipare in HC finché non avessi vinto. Non pensavo di raggiungerlo così presto, ma tanto meglio.
Ora per un po’ rimarrò fuori dai Campionati, però magari verrò a trovarvi una volta a Caldé!

Ma svelaci qualche tuo segreto: quali sono i fattori che ti hanno permesso di vincere e di restare ad alti livelli ?

Secondo me molto di quello che serve per vincere si può imparare: ci sono tecniche per sapere se un numero è divisibile per 3, per 8, per 11; ci sono tecniche per calcolare velocemente il quadrato di un numero (la più veloce è impararli tutti, ho una lista dei primi 150 quadrati e dei primi 30 cubi che quest’anno ho ripassato prima di ogni
gara); ci sono tecniche per moltiplicare due numeri. Poi, risolvendo tanti problemi degli anni passati, si impara con l’esperienza quale dei possibili modi per risolvere un certo problema è quello più facile e/o veloce.
La maggior parte di queste tecniche non le ho studiate su qualche libro, le ho trovate da solo nel giro degli ultimi 28 anni (da quando so contare, insomma).
Infine, specificamente per questi Campionati, ci sono piccole considerazioni tattiche che sicuramente non bastano, ma mi hanno dato magari quel 5% in più per arrivare primo e non secondo: usare tutto il tempo a disposizione per ricontrollare i problemi già fatti; saltare i problemi più facili e risolverli solo nell’ultima ora, quando non sono abbastanza lucido per fare quelli difficili.

Dalla scuola all’università, dall’università al lavoro: oggi come entra la matematica nella tua attivitá professionale?

Il mio lavoro è sicuramente lontano dalla matematica complessa che si studia a scuola o all’università; ciononostante nel mio lavoro c’è molta matematica di base. Innanzitutto faccio molta analisi statistica dei dati, e lì tutti i concetti fondamentali di calcolo delle probabilità mi vengono in aiuto.
Per molte relazioni fra grandezze (frequenza, temperatura, velocità, corrente) ci sono modelli matematici, non sempre lineari. Poi spesso mi trovo a dover fare approssimazioni “furbe”, trovando il compromesso fra accuratezza e velocità di esecuzione di un algoritmo.
In generale mi imbatto in equazioni di primo grado, polinomi, sistemi lineari, minimi quadrati, conversione di unità di misura, ecc.; ogni tanto mi è capitato di fare persino qualche derivata. Certo, i calcoli li fa Matlab, ma devo essere sempre in grado di capire se i risultati hanno senso.

Insomma, un bell’esempio di come vivere la passione matematica sia nel lavoro che nel gioco! Grazie Edoardo, ti aspettiamo a Caldè per il Festival 2012!

Una storia matematica – Capitolo uno

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Capitolo uno

– Ciao, io sono Andrea.

Andrea si era avvicinato a una ragazza che sembrava, come lui, in attesa. Entrambi sostavano davanti all’ingresso del Dipartimento di Matematica dell’Università.

– Anche tu iscritta a matematica? – proseguì lui.

La ragazza alzò lo sguardo un po’ spaventata e sorrise.

– Sì. Si vede tanto, eh? Mi chiamo Giulia. Mi fa piacere sapere di non essere l’unica persona iscritta a questo corso. Sei anche tu iscritto a matematica, immagino.
– Proprio così. Anche a me fa piacere non sentirmi solo. È da tanto che sei qui ad aspettare? Credo che le lezioni inizino alle undici e un quarto.
– Così tardi? Ma sul sito internet c’era scritto alle undici.
– Sì, ma c’è il quarto d’ora accademico.
– E che cosa è?
– Una sorta di “pausa”. In realtà le ore sono da 45 minuti, quindi la lezione inizia alle 9,15 e finisce alle 10.
– Ah, capisco, molto meglio all’inizio, il quarto d’ora, così si dorme un po’ di più. – e sorrise – Dovrebbero accantonare all’inizio tutte quelle della giornata, così dormiremmo un sacco in più. – disse per rompere il ghiaccio. E forse c’era anche riuscito – Di dove sei?
– Provincia di Verona, vivo qui in un appartamento. Tu di dove sei?
– Io di Mantova, non siamo molto distanti.
– Vero: una passeggiata. Che ne diresti di fare un giro nella biblioteca del Dipartimento? Sono solo le nove meno un quarto. Giusto per passare il tempo, così vediamo anche quanti libri ci sono dentro.
– Ma sì, dai: aspettare qui mi mette solo tensione.

La biblioteca era al secondo piano del Dipartimento. Appena entrarono videro un ragazzo che stava parlando con il bibliotecario.

– Mi saprebbe dire che giorno è oggi? – disse il ragazzo.
– Come sarebbe a dire… che giorno è oggi? – rispose il bibliotecario
– Sì, lunedì, martedì, mercoledì…

Il bibliotecario sorrise sotto i baffi e disse:

– Quando l’altro ieri era domani, oggi era distante da mercoledì come oggi sarà distante da mercoledì quando dopodomani sarà ieri.

Il ragazzo rimase sconvolto, e se ne andò a testa bassa.

– Ma come? Non ha nemmeno reagito? – disse Andrea
– Probabilmente sa che il bibliotecario è particolarmente… strano! – rispose Giulia
– Facciamo che allora lo chiedi tu il numero di libri che hanno?
– Perché dovrei farlo io?
– Perché lui è uomo e tu sei donna, sicuramente se lo dice a uno solo dei due, quell’uno sei tu.
– Forse hai ragione. Allora provo?
– Vai e distruggi! Al massimo usciremo di qui senza sapere quanti libri ci sono.

Giulia si diresse verso il bibliotecario, voltandosi di tanto in tanto verso Andrea, che la sosteneva moralmente.

– Buongiorno, – disse il bibliotecario – anche lei qui per una domanda stupida?
– N-no… sono una nuova iscritta a matematica e volevo solo chiederle quanti libri ci sono in questa biblioteca.
– Ma certo! E io sono qui per dare i numeri, vero?
– Non intendevo dire questo. – Giulia era già nel panico – Volevo solo chiedere un’informazione.
– Be’, se crede che io dia i numeri, allora li dò veramente. Le dico che 5.204 volumi sono in lingua inglese, 4.560 hanno la copertina rossa e 8.527 sono stati acquistati negli ultimi 10 anni. Inoltre 1.436 sono in inglese, hanno la copertina rossa, ma non sono degli ultimi 10 anni; 1.110 sono in inglese, acquistati negli ultimi 10 anni, ma non hanno la copertina rossa; 1.320 sono rossi, degli ultimi 10 anni, ma non in inglese; solamente 57 sono rossi, in inglese e sono stati acquistati negli ultimi 10 anni.

Giulia fece la stessa faccia del giovane di prima e ritornò da Andrea.

– Help! – disse lei

Andrea sorrise e aggiunse:

– Dai, in fondo è stato divertente, no?
– Per niente! – tuonò Giulia.
– E poi ho visto che si può calcolare quanti libri ci sono.
– E come fai?

Già, come fa? E, soprattutto: che giorno è?

Una storia matematica – Capitolo zero

di Alessio Palmero Aprosio

Pubblichiamo, da oggi ogni venerdì per n puntate (non vi dico quante sono: lo saprete solo alla fine), il racconto di alcuni ragazzi che si accingono a iscriversi all’Università. Ogni riferimento a persone, cose o numeri è puramente casuale.

Capitolo zero

Il candidato entrò dalla porta dell’aula, un po’ teso. La sala era grande, circa duecento posti, tutti rigorosamente vuoti. Andrea era l’unico di quella tiepida giornata di ottobre, l’unico e ultimo candidato di quell’ultimo appello di geometria prima dell’inizio delle lezioni del nuovo anno accademico. Entrò dalla porta posta sulla destra della lavagna; c’erano due porte per entrare nell’aula, una sulla destra e una sulla sinistra, una per gli studenti e una per i docenti, o almeno così diceva il regolamento.

Il docente:

– Il suo nome, prego.
– Davide Greco.
– È qui per l’esame di geometria, vero?
– Sì, secondo modulo.
– Beh, iniziamo in modo… standard. C’è un argomento del corso che le è piaciuto particolarmente?
– Così su due piedi…
– Non so, una parte del programma che l’ha colpita particolarmente.
– Spazi topologici.
– Bene, che cos’è uno spazio topologico?

Il giovane iniziò l’esposizione zoppicando un po’.

– Uno spazio topologico. Allora, dato uno spazio W, anzi no, dato un insieme X e una topologia tau

Dopo circa 40 minuti l’orale stava volgendo al termine. Il candidato non era stato all’altezza della situazione, e il docente sarebbe dovuto andare, di lì a poco, a svolgere la prima lezione del nuovo anno accademico ai nuovi iscritti.

– Mi disegni una retta.

Il candidato tracciò una linea sulla lavagna.

– Non ci siamo, mi dia la definizione euclidea di retta.
– Una retta è una linea infinita.
– Meglio definita come lunghezza senza larghezza, non è così?
– Be’, sì…
– E le sembra lunghezza senza larghezza? Quello è un segmento, non una retta.

Il candidato allungò la linea fino al bordo della lavagna.

– Prosegua pure sul muro.

Così fece.

– Vada pure avanti, fuori dalla porta.

Così dicendo il candidato uscì dalla porta sulla destra della lavagna, e il docente da quella sulla sinistra.

(continua)

Linguaggio matematico

Da qualche giorno è installato sul blog un nuovo plugin che permette di inserire caratteri matematici all’interno dei post e dei commenti. La libreria utilizzata è phpMathPublisher ed è corredata da una completa documentazione.

Per poter inserire caratteri matematici all’interno dei commenti è sufficiente racchiuderli tra [pmath] e [/pmath].

Ad esempio la stringa:

[pmath]int{a}{b}{x}[/pmath]

diventerà

[pmath]int{a}{b}{x}[/pmath].

Il ciondolo di Mara – soluzione

Riproponiamo innanzi tutto il testo del problema:

Simone compra per Mara un ciondolo perfettamente sferico. Mara nota subito che per poter far passare il filo che tiene il ciondolo, la sfera è stata forata al centro con un foro cilindrico che lo attraversa da parte a parte.

Sapendo che il foro è cilindrico e lungo 12 mm, calcolare il volume del ciondolo.

Chi avrà provato a cimentarsi nel problema, avrà immediatamente notato la mancanza del raggio tra i dati. In effetti, provando a dimostrare il problema, a un certo punto il raggio si semplifica ovunque, il che significa che la soluzione è generale e dipende solamente dall’altezza del foro e non dal raggio della sfera.

Sapendo quindi questa particolarità del problema, la soluzione diventa immediata, perché possiamo portare al limite l’altezza [pmath]h right 2r[/pmath]. Pertanto il volume del ciondolo equivale a quello della sfera. Eseguendo i calcoli, si ottiene

[pmath]V = 4/3 pi r^3 = 4/3 pi (h/2)^3 = 1/6 pi h^3[/pmath]

che è la soluzione cercata (nel caso particolare, [pmath]288 pi[/pmath] mm).

Altre soluzioni possibili, che non sfruttano l’informazione che la soluzione non dipende dal raggio, sono:

  • Geometria. Calcolare il volume della sfera, poi sottrarre il volume del cilindro e quello delle due calotte sferiche.
  • Analisi. Si consideri il ciondolo con il foro orizzontale e la si tagli verticalmente a metà; si ponga un riferimento cartesiano con l’origine al centro della sfera. Dopo di che si consideri una sottile fetta verticale, a forma di ciambella: il suo volume è il prodotto dello spessore dx per l’area della “ciambella” (cioè l’area del cerchio di raggio esterno meno l’area del cerchio interno). Infine si integri il tutto da 0 ad h/2, scoprendo che tutte le incognite si semplificano. (grazie a VincenzoV)
  • Analisi. Si consideri il quarto di sfera nel primo quadrante e una retta orizzontale. Poi si integri con la formula del volume di un solido di rotazione.
In tutti e tre i casi, a un certo punto si semplificherà il raggio e rimarrà l’unica incognita dell’altezza.

Il ciondolo di Mara

Ecco un altro giochino, più “classico”, per allenare la mente.

Simone compra per Mara un ciondolo perfettamente sferico. Mara nota subito che per poter far passare il filo che tiene il ciondolo, la sfera è stata forata al centro come in figura.

Sapendo che il foro è cilindrico e lungo 12 mm, calcolare il volume del ciondolo.

Soluzione

Il coltellino – soluzione

Come promesso, ecco la soluzione del problema del coltellino.

Riproponiamo innanzi tutto il testo del problema.

Due fratelli portano dei polli al mercato, e li vendono tutti al prezzo unitario uguale al numero dei polli che avevano all’inizio.

Arrivati a casa si dividono i soldi incassati: hanno tante banconote da 10 euro, e le dispongono sul tavolo. Poi ci sono alcune monete da 1 euro.

Si dividono allora le banconote in parti uguali. Ma avanza una banconota da 10 euro. “Me la prendo io”, dice il fratello maggiore. “Allora io mi prendo gli spiccioli” replica il minore.

Poco dopo però il minore si accorge di aver ricevuto meno soldi del fratello, e, alle sue proteste, riceve dal maggiore un coltellino, che aveva da prima. Così sono tutti contenti. Quanto vale il coltellino?

In pratica, se n è il numero dei polli, l’incasso totale sarà n2. Inoltre, dal testo si evince che il numero di banconote da 10 euro è dispari; data infine la lamentela del fratello minore, il numero di monete da 1 euro è inferiore a 10. Da queste premesse si può concludere che il valore delle decine dell’incasso totale è una cifra dispari.

Vediamo la tabella dei quadrati dei primi 40 numeri interi.

Abbiamo cerchiato tutti i numeri in cui la cifra delle decine è un numero dispari. Guardando attentamente si nota che in questi quadrati la cifra delle unità è sempre 6 (se qualcuno vuole scrivere una dimostrazione di questo fatto, saremo lieti di pubblicarla). L’incasso dei due fratelli sarà pertanto un numero di euro che termina per 6 e tante saranno le monete da 1 euro in tasca al fratello minore.

La differenza tra l’incasso del fratello maggiore e quello del fratello minore è 4 euro, pertanto il coltellino vale 2 euro (infatti, nel momento in cui il fratello maggiore se ne priva, il capitale che possiede scende di 2 euro; della medesima cifra aumenta il capitale del fratello, per cui la somma è 4).

Il coltellino

Pubblichiamo volentieri un gioco ideato da Giorgio Dendi. Chi era a Caldé quest’anno probabilmente ha già avuto l’occasione di cimentarsi con il rompicapo; per tutti gli altri, eccolo qui.

Due fratelli portano dei polli al mercato, e li vendono tutti al prezzo unitario uguale al numero dei polli che avevano all’inizio.

Arrivati a casa si dividono i soldi incassati: hanno tante banconote da 10 euro, e le dispongono sul tavolo. Poi ci sono alcune monete da 1 euro.

Si dividono allora le banconote in parti uguali. Ma avanza una banconota da 10 euro. “Me la prendo io”, dice il fratello maggiore. “Allora io mi prendo gli spiccioli” replica il minore.

Poco dopo però il minore si accorge di aver ricevuto meno soldi del fratello, e, alle sue proteste, riceve dal maggiore un coltellino, che aveva da prima. Così sono tutti contenti. Quanto vale il coltellino?

La soluzione verrà pubblicata nei prossimi giorni.